Negli stabilimenti balneari è scoppiato il panico, dato che le concessioni per le spiagge sono scadute. Ecco che cosa sta accadendo!
“È finita la ricreazione,” afferma il presidente di Mare Libero a Today. La maggioranza di governo si scontra con Consiglio di Stato e Commissione Europea, mentre l’Antitrust invia diffide ai comuni. La questione delle concessioni balneari scadute genera confusione: cosa succede alle nostre spiagge?
Le concessioni balneari sono scadute, ma sulle spiagge tutto è rimasto quasi invariato. Ora è possibile piazzarsi con ombrelloni e asciugamani tra le file degli stabilimenti, anche i più costosi, nonostante le proteste dei proprietari. La proroga delle concessioni decisa dal governo Meloni è in contrasto con tre sentenze del Consiglio di Stato. I proprietari pagano canoni di concessione vantaggiosi e di durata decennale, contravvenendo alla direttiva Bolkestein, che prevede gare libere per evitare monopoli e garantire prezzi competitivi.
Uno scontro istituzionale è in atto tra il governo e il Consiglio di Stato con la Commissione Europea. Rischia di causare una procedura di infrazione e conseguenti multe per l’Italia. Nel frattempo, ci sono state “invasioni” degli stabilimenti balneari, rese possibili dalla scadenza delle licenze. L’Antitrust ha iniziato a inviare diffide ai comuni per le proroghe. La situazione normativa è confusa: cosa accadrà alle spiagge italiane?
Il governo Meloni ha prorogato le concessioni scadute. Roberto Biagini, presidente di Mare Libero, sottolinea che dall’1 gennaio 2024 gli stabilimenti hanno concessioni scadute e non potrebbero neanche somministrare bevande e alimenti. Mare Libero ha occupato alcuni stabilimenti con asciugamani e ombrelloni. La confusione regna: se ci si piazza accanto agli stabilimenti, nessuno può dire nulla, poiché le concessioni sono scadute e gli stabilimenti sono teoricamente abusivi.
Le spiagge sono beni pubblici e il loro uso deve essere gratuito. Biagini si chiede perché, a differenza di altre concessioni, le spiagge restano sempre nelle stesse mani. In alcune regioni, la percentuale di occupazione degli stabilimenti supera il 70%, con punte oltre il 90% in certi comuni, come evidenziato dal Rapporto Spiagge di Legambiente. Le sentenze del Consiglio di Stato confermano che le proroghe delle concessioni demaniali marittime sono illegittime e devono essere disapplicate a ogni livello.
Nonostante ciò, le proroghe sono state concesse senza gare, tranne per chi ha beneficiato di una “proroga tecnica” con l’obbligo che il comune indice una gara. Il Consiglio di Stato ha chiesto l’intervento della Corte di giustizia dell’Unione Europea sulla questione dell’art. 49 del Codice della Navigazione, che prevede il passaggio delle opere non smontabili allo Stato senza compenso per l’operatore alla scadenza delle concessioni.
La giurisprudenza amministrativa impone gare trasparenti e pubbliche per le concessioni balneari. Tuttavia, molti comuni hanno cercato di gestire le gare superando il silenzio del governo. Nell’immediato, le parti di spiaggia con concessioni scadute possono essere utilizzate gratuitamente. L’esigenza di una decisione chiara da parte del governo è urgente per evitare confusione e incertezza.
A Rimini, con oltre il 90% delle spiagge occupate da stabilimenti balneari, le concessioni demaniali versano allo Stato in media 7-8mila euro annuali. Alcune cifre erano ancora più basse in passato, con concessioni di soli 300 euro per alcuni chioschi. L’Agenzia delle Entrate e la Guardia di Finanza avevano riscontrato irregolarità, come l’assenza di accatastamento delle cabine.
La politica ha ignorato il problema per ragioni elettorali, legata ai concessionari. È necessario trovare un equilibrio tra spiagge libere e occupate, parametrando i canoni ai guadagni delle aziende e ai beni gestiti, come fatto altrove. Le spiagge sono di tutti.
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