Critiche, insulti e una reazione che fa discutere. Paolo Del Debbio lancia strali in diretta. Ecco che cosa è successo!
Nello studio di Dritto e Rovescio, il clima si è acceso fin dai primi minuti. Paolo Del Debbio, volto noto della televisione italiana, ha messo da parte la diplomazia e ha lanciato un attacco diretto contro due colleghi: Luca Bottura e Massimo Giannini. Entrambi avevano criticato pesantemente, via social, il servizio della giornalista Lavinia Orefice su Romano Prodi, definendo lo stile giornalistico della trasmissione con un termine che Del Debbio proprio non tollera: retequattrismo.
Il conduttore ha interrotto la scaletta per rivolgersi direttamente a loro, senza mezzi termini. A Bottura ha detto che il “retequattrismo” se lo poteva tenere per sé, aggiungendo che nessuno è interessato alla sua opinione. Poi, passando a Giannini, lo ha sferzato ironicamente, prendendolo in giro per il suo tono da “giustiziere del giornalismo” e accusandolo di atteggiarsi a Letterman senza averne né lo stile né la statura.
Ma perché tutta questa rabbia per una parola? Del Debbio lo aveva già chiarito in un’intervista precedente: per lui, “retequattrismo” non significa nulla. Non è parte di nessun partito, non risponde a logiche di gruppo, non indossa etichette. Fa il suo lavoro dando voce a chi non ce l’ha, portando in televisione i problemi reali della gente comune.
Il “retequattrismo”, insomma, è diventato il simbolo di una certa idea di TV: diretta, schietta, spesso scomoda. Una televisione che molti criticano ma che tantissimi seguono. È lo stile di Mario Giordano, Giuseppe Cruciani, Barbara Palombelli, Nicola Porro e persino Bianca Berlinguer, da quando ha cambiato rete. È una narrazione che parla alla pancia del Paese, ma anche al cuore, senza vergognarsi di essere popolare.
Del Debbio difende tutto questo con fermezza. E non accetta che venga ridotto a una caricatura ideologica. La sua reazione non è solo rabbia: è anche il rifiuto di chi si sente attaccato non per quello che dice, ma per come lo dice.
Alla fine, rimane la domanda più interessante: la TV che si definisce “popolare” va davvero condannata o, forse, andrebbe capita meglio?
E secondo te? Il “retequattrismo” è solo una scorciatoia per screditare chi fa un giornalismo diverso? Dicci la tua nei commenti!