Il fenomeno della peste suina mette in allarme la filiera degli allevamenti in Italia. Certe Regioni italiane sono più a rischio di altre. Ecco i rischi che si corrono!
Il fenomeno epidemico della peste suina è esploso nel 2014 in certi Paesi dell’Est Europa. La malattia si è poi diffusa in altri Stati membri dell’UE. Esattamente un anno fa, a gennaio 2022, l’epidemia è stata confermata ufficialmente in alcuni cinghiali nelle Regioni Piemonte e Liguria, precisamente ad Alessandria, Genova e Savona.
Prima dell’epidemia, la peste suina era presente da qualche anno soltanto in Sardegna dove si registra un graduale miglioramento del fenomeno.
A distanza di un anno dal primo caso accertato ad Alessandria, restano due le Regioni più colpite. Vediamo i dettagli.
Le Regioni italiane più a rischio
I casi di peste suina continuano ad aumentare nel Nord Italia, tra i cinghiali presenti in Piemonte e Liguria.
Come riportato dal bollettino dell’Istituto Zooprofilattico del 18 gennaio, sono stati registrati altri 11 casi, 8 ad Alessandria e 3 a Savona. I contagi aumentano anche fuori dal perimetro della rete di contenimento che cinge la zona rossa. Ad oggi, gli abbattimenti di cinghiali si attestano ad un quinto (10.000 su 50.000) rispetto alla pianificazione prevista. Il 5 maggio 2022 sono stati riscontrati casi anche nel Lazio.
Secondo quanto riferisce il commissario straordinario all’emergenza, Angelo Ferrari, esistono le condizioni ideali per una diffusione dei contagi. Il virus si sta spostando verso il Cuneese, territorio ricco di allevamenti suini. Recinzioni e rigore nei controlli sono importanti ma “servono più soldi. Il virus va eradicato, è impossibile conviverci” ha aggiunto Ferrari.
Peste suina: allevamenti italiani in allarme
La diffusione del virus non dà segni di rallentamento, anzi. Rischia di diffondersi nei grandi allevamenti di maiali. Per scongiurare la temuta diffusione della peste suina, lo stop alla reintroduzione di nuovi capi è stato prorogato ad aprile 2023.
Angelo Ferrari spera che gli allevamenti possano ripartire entro quest’anno. Per ora, considerando le temperature invernali, le condizioni favoriscono la propagazione del virus. Non dimentichiamo che è il freddo a provocare l’incremento di casi tra i cinghiali.
Gli allevatori sono in allarme, Angelo Ferrari spiega perché. L’emergenza costa attualmente alla suinicoltura italiana 20 milioni di euro al mese per mancato export. Se il virus si propagasse tra i maiali, si rischierebbe la perdita di punti PIL.
Il ministero della Salute raccomanda a tutti (allevatori, turisti, veterinari, cacciatori) di smaltire i residui di carne suina (stagionata e fresca) in appositi contenitori chiusi.
Peste suina: trasmissione del contagio, rischi per la salute umana
La peste suina, come suggerisce il nome, colpisce suini domestici e selvatici (maiali e cinghiali). Si tratta di un’infezione virale che si trasmette facilmente risultando spesso letale tra i suini.
Analizzando i casi registrati nel nostro Paese, sono soprattutto i cinghiali a contrarre la malattia: il contagio avviene durante i pascoli, quando entrano a contatto con animali o cibi infetti.
Una delle principali cause di diffusione dei contagi riguarda la circolazione di suini malati e lo smaltimento inadeguato delle carcasse di animali.
Tutti si chiedono quanto la peste suina sia pericolosa per la salute umana. Facciamo chiarezza. L’infezione virale è altamente contagiosa e spesso mortale tra gli animali, ma non è trasmissibile all’uomo.
La proroga ad aprile 2023 dello stop alla reintroduzione di nuovi capi basterà per contenere la peste suina? Che ne pensate? Commenti!