Il presidente della Regione Lombardia Fontana attacca Crisanti. Le sue teorie da microbiologo esperto di insetti non possono essere oggetto di un processo. Gli sviluppi dell’Inchiesta Covid e la testimonianza di Rezza.
Inchiesta Covid: Fontana contro Crisanti, il microbiologo esperto di insetti
Attilio Fontana, il presidente della Regione Lombardia, è indignato per le teorie del consulente della Procura di Bergamo. Attacca il senatore Pd Andrea Crisanti perché pretende che le sue personali teorie diventino addirittura oggetto di un processo. Il governatore, con tutto il rispetto per le sue illazioni, definisce Crisanti un microbiologo esperto di insetti. Anche il presidente dell’Aifa Palù l’aveva definito così.
Fontana si difende dicendo che, nel periodo della prima ondata pandemica, non esisteva un’indicazione o direttiva che imponesse specifiche scelte. Crede sia stato fatto il possibile in base alla conoscenza ed esperienza che tutti avevano. La considerazione di Fontana è la stessa che ha fatto la Commissione europea. Quando si è recata a Milano, la Commissione ha ammesso che in Lombardia tutti hanno agito correttamente, secondo comportamenti che poi sono stati presi a modello.
Le parole di Lamorgese dalle carte dell’inchiesta Covid
Dalle carte dell’inchiesta Covid sulla gestione della prima ondata pandemica in Val Seriana emerge la testimonianza dell’allora ministro dell’Interno Luciana Lamorgese.
Fu sentita dai pm nel giugno 2020. Disse che il contingente programmato arrivò la sera del 6 marzo a Nembro e Alzano per iniziare l’attività ricognitiva. La disposizione per le forze armate e di polizia partì dal ministero dell’Interno. L’allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte ignorava l’invio delle forze armate e di polizia in Val Seriana in quanto lo scopo, in quel periodo, era di tipo preventivo e ricognitivo. La stessa Lamorgese avrebbe avvisato Conte dell’invio di uomini se ci fosse stato un Dpcm di ‘cinturazione’.
La testimonianza di Rezza resa ai pm
Dai documenti dell’inchiesta Covid emerge anche la testimonianza di Giovanni Rezza, direttore prevenzione del ministero della Salute ed ex direttore malattie infettive dell’Istituto Superiore di Sanità.
Rezza ha dichiarato che il ministro Speranza è sempre stato favorevole all’adozione di misure restrittive. Nella riunione Cts del 6 marzo, il presidente del Consiglio Conte sembrava dubbioso, titubante, come se volesse elevare il livello di controllo a tutta la Regione. Rezza è sempre stato convinto della necessità di una zona rossa a Nembro ed Alzano. Pensava fosse necessario separare questi due Comuni da Bergamo per evitare il contagio della città lombarda.
Rezza prendeva parte alle riunioni del Cts come sostituto del professor Brusaferro, direttore dell’Iss. Il 4 o 5 marzo Brusaferro chiamò Rezza per chiedere una nota dettagliata allo scopo di istituire la zona rossa.
Secondo Rezza, se il virus avesse ‘sfondato’ in una grande città, la pandemia sarebbe diventata incontenibile. Ha ammesso che anche l’istituzione di una zona rossa non avrebbe salvato la città di Bergamo. Resta il fatto che il lockdown deciso in seguito è risultato efficace per contenere il contagio.
Che ne pensate di questi nuovi sviluppi dell’inchiesta Covid? A voi i commenti!