La tassa sugli extra profitti delle banche, negli ultimi tempi, ha fatto discutere molto, scatenando diverse polemiche. Ora l’Esecutivo sembrerebbe aver trovato un accordo sulle modifiche da apportare!
Tassa sugli extra profitti: l’onere non potrà pesare sui clienti
Luca Ciriani, Ministro dei rapporti con il Parlamento, ha depositato in Senato l’emendamento del Governo che modifica la tassa sulle banche. Nonostante l’impatto della tassa abbia subito una riduzione, il decreto impone un divieto. Le banche, infatti, non potranno più trasferire gli oneri del prelievo sui costi dei servizi offerti a famiglie e imprese. Sarà l’Antitrust a vigilare in merito. Il Tesoro avrebbe fornito chiarimenti sulle modalità di pagamento della tassa, qualora questa venga accantonata momentaneamente nel patrimonio bancario.
La nuova versione prevede che le banche scelgano se pagare subito l’onere o destinare una cifra pari a 2,5 volte la tassa sul patrimonio. Il pagamento verrebbe interrotto fino al momento in cui la suddetta quota di capitale venisse ripartita tra eventuali soci. In questo caso verrebbe pagata con gli interessi. Dopo aver risolto le ultime formalità, il testo è stato nuovamente bollinato, corredato di relazione tecnica e depositato in Senato. A conferma del nuovo accordo, Forza Italia ha ritirato i suoi emendamenti.
Antonio Tajani, segretario di FI, si sarebbe dichiarato soddisfatto del nuovo decreto. Il vice Premier avrebbe anche detto che l’opportunità di utilizzare il ricavo dell’imposta, oltre che capitalizzare le banche, potrebbe potenziare la loro solidità patrimoniale. Questa è la proposta che si legge nel nuovo emendamento del Governo, destinato a modificare le regole sugli extra profitti delle banche.
Tassa sulle banche: le novità del decreto
Il recentissimo emendamento contempla che il gettito dell’imposta sia destinato al fondo di garanzia sui prestiti delle piccole imprese. Queste, alla fine dell’anno, termineranno le garanzie pubbliche straordinarie correlate alla guerra in Ucraina. La nuova regola stabilisce che, in caso di perdita di esercizio o di utili inferiori alla cifra accantonata equivalente a 2,5 volte la tassazione, le banche potranno accedere agli utili degli anni precedenti.
Le attuali modifiche prospettano il calcolo dell’imposta con l’applicazione di un’aliquota al 40% sull’ammontare del margine di interesse maturato nel 2023, che superi del 10% quello del 2021. Si tratta di una base imponibile che accoglie tutte le attività di un intero biennio, evitando il rischio di retroattività. Il tetto massimo dell’imposta straordinaria salirà dallo 0,1% allo 0,26% dell’importo totale dell’esposizione al rischio individuale e non più del totale dell’attivo di bilancio. Verranno esclusi, pertanto, i titoli di Stato.
Il Governo, tramite queste modifiche, mirerebbe a raccogliere una somma compresa tra i 2,5 e i 2,7 miliardi di euro. La cifra verrebbe destinata al rifinanziamento delle misure per i mutui sulla prima casa. Non solo, perché la destinazione del ricavo della tassa sugli extra profitti delle banche si amplia. Il gettito, infatti, oltre che ridurre la pressione fiscale su imprese e famiglie verrebbe impiegato nel rifinanziamento del fondo di garanzia presso il Mediocredito centrale. Questo gestisce i prestiti delle banche nei confronti delle piccole e medie imprese. Si tratta di modifiche importanti necessarie per ripristinare una maggiore equità fiscale. E voi cosa ne pensate?