La vita straordinaria di Mauro Repetto: dall’esplosione degli 883, all’addio alla musica per inseguire un sogno americano, fino alla rinascita in Francia. Un racconto di cadute, rialzi e libertà artistica.
Mauro Repetto: la storia folle e indimenticabile del co-fondatore degli 883
Mauro Repetto, il genio dietro al fenomeno pop italiano degli 883, ha sempre vissuto una vita fuori dagli schemi. Dalla fondazione della band a un’improvvisa fuga verso l’America, passando per innumerevoli avventure e ritorni inattesi, la sua storia è una delle più peculiari nella musica italiana. Nel suo libro Non ho ucciso l’Uomo Ragno, Repetto racconta l’epopea di un ragazzo comune con sogni fuori misura, capace di trascinare Max Pezzali al successo e di sorprendere tutti con la sua energia, il suo surrealismo e la sua vena artistica.
Repetto non si è mai considerato una star; per molti era “il ballerino” degli 883, ma il suo ruolo è sempre stato molto più di quello: era lui il motore creativo, colui che inseguiva Claudio Cecchetto per tutta Italia e tentava di chiamare Jovanotti al telefono. Quell’iniziale complicità con Pezzali, un ragazzo dalla voce profonda e “da crooner”, portò a un successo inaspettato e travolgente, con hit come Hanno ucciso l’Uomo Ragno e Gli anni. Ma, all’apice della carriera, Repetto sentì il bisogno di inseguire nuovi sogni, e così decise di abbandonare tutto, inseguendo la modella Brandy e una nuova vita negli Stati Uniti.
Da popstar italiana a cowboy a Disneyland
Dopo l’abbandono degli 883, Repetto affrontò un percorso tutt’altro che facile. La sua carriera americana, che avrebbe potuto decollare con un progetto rap a New York, venne improvvisamente bloccata da una serie di vicissitudini personali e imprevisti. Tornato in Europa, dovette ripartire da zero, cominciando come cowboy a Disneyland Paris, una situazione assurda e ironica per chi solo pochi anni prima riempiva i palazzetti con gli 883. Ma proprio lì, in mezzo alla polvere e ai sorrisi dei bambini, Repetto trovò una nuova motivazione, riuscendo a trasformare una sconfitta in un rilancio, fino a diventare un event executive per Walt Disney.
Oggi, riflette su quell’epoca con un sorriso: non ha mai rimpianto le sue scelte, nemmeno di non aver firmato Gli anni, l’ultima canzone che scrisse con Max, proprio perché sapeva di voler cambiare vita. In un’epoca in cui tutti ambivano al mainstream, Repetto scelse il rischio e l’incognito, consapevole del prezzo da pagare per seguire la propria autenticità.
La vita di Mauro Repetto è un esempio di libertà artistica e personale, di come il successo possa essere un trampolino ma non necessariamente una gabbia. Le sue scelte, a tratti estreme e incomprese, mostrano un’anima capace di reinventarsi, cadere e rialzarsi. E chissà che non lo rivedremo ancora una volta sul palco, magari a Sanremo, come lui stesso lascia intuire. Cosa pensate della sua storia?