• Dom. Nov 24th, 2024

Per l’Italia, la pacchia è terminata: d’ora in avanti, ci saranno alcune grossissime strette sui conti pubblici italiani. Ecco che cosa succederà!

 

Il disavanzo dell’Italia supera il 7%, ben oltre il limite del 3% prescritto dalle regole europee del Patto di Stabilità, che sono tornate in vigore quest’anno. Dopo quattro anni di tolleranza dovuta alla crisi causata dalla pandemia di coronavirus e dalla guerra in Ucraina, le stringenti regole di bilancio sono state ripristinate. Di conseguenza, l’Italia sarà sottoposta a una procedura di infrazione per deficit eccessivo. Il disavanzo del nostro Paese, pari al 7,4% del PIL, è il più alto dell’intera Unione Europea, seguito dalla Francia con il 5,5%. Con il limite comunitario fissato al 3%, l’Italia non ha speranze di evitare la sanzione.

Oggi, 19 giugno, a Bruxelles sarà il commissario agli Affari economici Paolo Gentiloni, un italiano, a emettere la sentenza di condanna. Questo avverrà durante la presentazione del pacchetto del Semestre europeo, con cui l’esecutivo comunitario valuta i conti pubblici dei Paesi membri e richiede correzioni. L’Italia non sarà sola nel gruppo dei “cattivi”: undici Stati hanno chiuso l’anno scorso con un deficit superiore al tetto imposto dal trattato di Maastricht. Sette di questi fanno parte dell’area euro: oltre all’Italia e alla Francia, ci sono Belgio (4,4%), Estonia (3,4%), Spagna (3,6%), Malta (4,9%) e Slovacchia (4,9%). A questi si aggiungono Cechia (3,7%), Polonia (5,1%), Romania (6,6%) e Ungheria (6,7%).

La Commissione Europea ha deciso di rinviare a novembre la definizione delle raccomandazioni ai governi per correggere il disavanzo. La motivazione ufficiale è di allineare l’aggiustamento di bilancio con la traiettoria fiscale pluriennale sui conti pubblici introdotta dal nuovo Patto di Stabilità e Crescita. Questo nuovo Patto ha ricevuto l’ok dal governo di Giorgia Meloni, anche se i deputati italiani si sono astenuti al Parlamento europeo ad aprile. Le nuove regole mantengono la base del limite del 3% per il rapporto tra deficit e PIL e del 60% per il debito pubblico, percentuali che restano fondamentali.

L’Italia, con un debito pubblico di oltre il 137%, secondo solo a quello della Grecia (162%), dovrà ridurre queste percentuali rapidamente. Per uscire dalla procedura di infrazione, i governi devono ridurre obbligatoriamente il rapporto tra deficit e PIL dello 0,5% l’anno. Per l’Italia, con un PIL nominale di circa 2mila miliardi, ciò significherebbe tagli di almeno 10 miliardi di euro l’anno nel bilancio pubblico. Questi tagli non sono pochi e, in occasione dell’apertura della procedura, non saranno date indicazioni quantitative sull’entità della correzione richiesta a ogni singolo Paese. La raccomandazione vera e propria sarà adottata solo a novembre dalla nuova Commissione, ma è difficile immaginare tagli inferiori a 10 miliardi di euro l’anno.

È possibile che la richiesta di riduzione sia anche superiore, vista l’urgenza di ridurre il nostro debito secondo le nuove regole del Patto. Si prospettano mesi difficili per il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, che discuterà della questione con i colleghi europei nei prossimi giorni: prima all’Eurogruppo di domani, 20 giugno, e poi all’Ecofin di venerdì, 21 giugno. A novembre, con la definizione delle raccomandazioni sulle manovre da mettere in atto già nel 2025, inizierà la fase più rilevante. Sarà stabilita una “traiettoria tecnica” espressa in termini di spesa netta per i Paesi con debito superiore al 60% del PIL o con disavanzo superiore al 3% del PIL. Su quella base, i governi prepareranno piani strutturali con l’obiettivo di portare il debito pubblico su un percorso di riduzione plausibile e il deficit al di sotto del fatidico 3%.

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