Nel 2024, si potrebbe tornare al meccanismo di rivalutazione applicato nel 2019. Cosa significa? Significa tagli sulle pensioni, ecco chi potrebbe rimetterci e quanto!
Pensioni 2024: cosa succederebbe con la rivalutazione 2019?
Il meccanismo della rivalutazione applicato nel 2019 potrebbe essere reintrodotto nel 2024. Questo meccanismo comporterebbe un nuovo taglio delle pensioni, gli importi degli assegni pensionistici potrebbero scendere. Qualcuno, a causa del nuovo taglio, potrebbe perdere più soldi. Con questo modello le percentuali risulterebbero più penalizzanti rispetto al modello usato a gennaio scorso.
Di quanto potrebbero scendere le pensioni?
La possibilità di dare un nuovo taglio alla rivalutazione delle pensioni nel 2024 è tuttora in fase di studio, nulla di ufficiale. L’ha confermato poche settimane fa Claudio Durigon, sottosegretario al Lavoro.
Si valuta l’idea per recuperare circa 1 miliardo di euro dalla rivalutazione e raccogliere risorse. Tali risorse verrebbero destinate all’aumento delle pensioni minime per gli over 75, facendole salire a 700 euro.
Rivedere le percentuali di rivalutazione significherebbe limitare gli effetti dell’adeguamento delle pensioni al costo della vita per chi ha un reddito più elevato.
A causa della possibile nuova stretta quanto si perderebbe sull’assegno pensionistico?
Rivalutazione delle pensioni: anno 2019 e 2023 a confronto
Nel 2023, è stato introdotto un meccanismo più restrittivo rispetto a quello ordinario ai sensi della Legge n. 448 del 1998. Questa legge prevede rivalutazioni variabili: 100% fino a 4 volte il trattamento minimo, 90% tra le 4 e le 5 volte e 75% sopra le 5 volte. Dovrebbe essere confermato nel 2024 ma il governo potrebbe applicare nuovamente, come detto, il sistema di rivalutazione del 2019 secondo la Legge n. 145 del 30 dicembre 2018.
Se dovesse essere confermato, le percentuali di rivalutazione cambierebbero. Ad esempio, 100% fino a 3 e 4 volte il trattamento minimo, 85% fra 3 e 5 volte, 53% fra 5 e 6 volte, 47% fra 6 e 8 volte. E, ancora, 37% fra 8 e 10 volte, 32% oltre le 10 volte il trattamento minimo.
In pratica, il sistema del 2019 risulta più vantaggioso sopra le 8 volte il trattamento minimo. Con un eventuale nuovo meccanismo di rivalutazione, sopra una certa soglia potrebbe essere addirittura azzerata.
Non si esclude neanche un possibile ritorno ad un contributo di solidarietà, una misura che fu bocciata dalla Corte Costituzionale in quanto durava troppo, 5 anni.
Passaggio al modello di rivalutazione pensioni 2019: possibili perdite
Come riportato nel Def approvato ad aprile, nel 2024 la rivalutazione dovrebbe attestarsi al 5,7%. Dando per buona questa percentuale, si potrebbe avere un’idea della variazione degli importi se il prossimo anno dovesse essere confermato un meccanismo simile al 2019.
Prima di tutto, verrebbero penalizzati anche gli assegni che superano le 3 volte il trattamento minimo, ovvero sopra i 1.691,22 euro. Questo perché scatterebbe il 97% anziché una rivalutazione piena.
Andrebbe peggio a chi percepisce una pensione tra le 4 e le 5 volte il trattamento minimo, rispettivamente tra i 2.254,96 e i 2.818,70 euro. In questo caso si passerebbe dal 4,845% al 4,389%.
Per le pensioni con importo tra le 5 e le 6 volte (ovvero 3.382,44 euro) il trattamento minimo, ci sarebbe poca differenza: la rivalutazione passerebbe dal 53% al 52%.
Sopra le 6 volte il trattamento minimo, si potrebbe rischiare una perdita consistente, ancora non è chiaro.
Che ne pensate? A voi i commenti!