I resti di ossa umane ritrovati ad ottobre a Bosco Marino sono di Liliana Agnani. Il figlio è l’unico indagato. Il suo obiettivo era intascare la pensione!
Liliana Agnani: i resti ritrovati in un bosco appartengono a lei
Il macabro ritrovamento di resti umani a Bosco Marino, lungo il corso del Ticino a Trecate, nel novarese, risale all’11 ottobre scorso. Quei resti sono stati avvistati da alcuni cacciatori di passaggio. All’inizio, si pensava che fosse morto un escursionista, che il suo cadavere fosse stato trascinato dal fiume o che sia passato inosservato. Ora la versione dei carabinieri di Novara, guidati dal maggiore Alessandro Perrotta, è cambiata.
Resta da chiarire dove sia avvenuto il delitto e se il corpo sia stato spostato o meno.
Oggi, quei resti di ossa umane hanno un nome: Liliana Agnani, 80 anni. Anche il suo presunto assassino ha un nome: Stefano Garini, suo figlio.
Resta da chiarire da quanto tempo il corpo della Agnani si trovasse nel bosco. Secondo l’ipotesi più accreditata, il suo cadavere è stato abbandonato oltre 5 mesi prima del ritrovamento, ovvero a maggio 2022.
Il figlio di Liliana Agnani indagato per omicidio
Come anticipato in esclusiva da Il Giornale, l’ipotesi è che Liliana Agnani sia stata uccisa dal figlio.
Stefano Garini, agente immobiliare milanese, è accusato di averla uccisa. In seguito ha occultato il cadavere. Il movente sarebbe intascare 1.654 euro mensili di pensione di reversibilità.
Garini, indagato a piede libero, è accusato di omicidio volontario, occultamento di cadavere, indebita percezione di erogazioni pubbliche. Ha raccontato agli inquirenti di aver accompagnato sua madre a Trecate. Ha negato di averla uccisa. ‘Non sono stato io, non so nulla’ ha detto.
La perquisizione dell’appartamento di Garini
L’ipotesi degli inquirenti è che Stefano Garini abbia ucciso sua madre per percepire indebitamente la sua pensione. E’ quanto si legge nel decreto di perquisizione a carico dell’indagato.
L’appartamento di Garini è stato perquisito il 29 giugno scorso. Gli investigatori, coordinati dal pubblico ministero Paolo Verri, sono entrati nella casa milanese dell’indagato in cerca di apparecchi informatici ed elettronici. Intendevano fare una copia forense nel corso della perquisizione.
Si cercano elementi pertinenti al reato, l’arma del delitto, materiale telematico e informatico utile alle indagini. Oltre a dispositivi come smartphone, PC e tablet, si va a caccia di documentazione per raccogliere elementi di prova.
La Procura di Novara ha sequestrato il conto corrente dell’uomo. L’indebita percezione di erogazioni pubbliche non è un’idea o un sospetto campato in aria. Ci sono seri indizi che portano a questa ipotesi.
Intanto, Stefano Garini continua a respingere le accuse dei pubblici ministeri.
Che ne pensate di questa tragica vicenda? A voi i commenti!